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Ira

"L'ira è un sentimento mentale ed emotivo di conflitto con il mondo esterno o con noi stessi che controlliamo poco e maneggiamo peggio, perché, in preda all'ira non siamo più padroni delle nostre emozioni.
L'ira è percepita come altro da noi, che può impossessarsi di noi facendoci perdere la capacità di controllo e l'uso della ragione.
C'è, nell'idea che abbiamo dell'ira, qualcosa di immorale, nel senso che ciascuno di noi si identifica con la parte razionale e ben educata di sé, e rifiuta di conoscere come propria la parte passionale della cui attivazione è sempre responsabile l'altro. In realtà le passioni sono dinamiche del corpo, che lo danneggiano sia quando vengono eccessivamente compresse sia quando vengono scatenate senza limiti.
Per cui l'ira compressa che preme contro le pareti del nostro ego senza sfondarle, nella fantasia popolare genera il cancro, così come il suo scatenamento aumenta la pressione, provoca l'attacco cardiaco o il colpo apoplettico.
Per questo i saggi hanno sempre detto che la salute del corpo e l'equilibrio della mente non si ottengono con la repressione o la rimozione delle passioni, ma con la loro misurata espressione.
Ad esempio, adirarsi è facile, ne sono tutti capaci, ma non è assolutamente facile e soprattutto non è da tutti adirarsi con la persona giusta, nella misura giusta, nel modo giusto, nel momento giusto e per la giusta causa. Ci vuole intelligenza; si ritiene che l'intelligenza sia qualcosa di conciliante, di giusto, di buono, qualcosa di essenzialmente contrapposto agli impulsi, mentre essa è solo un certo rapporto degli impulsi tra loro.
Bisogna farsi carico delle nostre passioni, e, invece di comprimerle come il senso comune e l'ipocrisia ci hanno insegnato, diamo loro espressione appunto nella giusta misura. Quella giusta misura che non vediamo nell'ira quando è espressa dalle donne invece che negli uomini, dai poveri invece che dai ricchi.
L'ira, infatti, è un modo di riaffermare se stessi e il proprio mondo dei valori. Ma una donna arrabbiata viene definita spesso una megera, un'arpia, un'isterica, mentre l'uomo quando si adira è giustificato perché si pensa che abbia le sue buone ragioni. Questa diversa percezione tra l'ira maschile e quella femminile deriva da un'idea di comodo secondo la quale la donna deve essere comunque, in qualsiasi situazione dolce, accomodante, indulgente, in una parola, "sottomessa". Per questo le donne si arrabbiano in modo diverso dagli uomini, preferendo interrompere il contatto oculare ed evitare il dialogo piuttosto che esprimere in maniera adeguata il proprio dissenso.
Le donne, più che gli uomini, piangono di rabbia, e si sentono colpevoli sia per la rabbia, sia per il fatto di non sapere reagire adeguatamente. E, in questa inadeguatezza, c'è anche un aspetto di esitamento, per il quale anziché esprimere direttamente la propria rabbia le donne preferiscono ricorrere alla maldicenza o all'ostracismo sociale, oppure nel riversare la propria rabbia su una persona diversa da quella che l'ha provocata e che non hanno il coraggio di affrontare.
Ma la differenza più grande si vede nella reazione dei due sessi alla rabbia suscitata dal tradimento o dall'abbandono.
La reazione maschile è prevalentemente sul piano fisico, e si esprime con sopraffazioni o violenze, mentre la reazione femminile tende a colpire sul piano economico e su quello affettivo con il ricatto sui figli. Ciò è indicativo da una diversa situazione di potere, la stessa che si registra fra poveri e ricchi, fra oppressi e oppressori.
I maschi, i ricchi, i potenti dicono che l'ira è un'emozione infantile, un segno di debolezza solo perché loro non hanno bisogno di arrabbiarsi in quanto possono ottenere ciò che voglio con mezzi diversi.
Ma l'ira, espressa al momento giusto, nel modo giusto e con la persona giusta consente a volte di attere quel che si vuole e rafforzare la propria autostima; ma per questo ci vuole la giusta misura, proprio quella virtù che l'ira tende a mandare in frantumi.
Diversamente, dobbiamo comprendere la forza dell'emozione, per evitare che la deprecazione della rabbia nasconda l'ingiustizia, e il rispetto per le buone maniere nasconda, fino a rendere invisibile, l'oppressione del potere.
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Galimberti - 'I vizi capitali e altri vizi'

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